Il 4 giugno 2020 TEC Eurolab – azienda del modenese diventata riferimento europeo per le industrie dell’automotive, dell’aeronautica, della meccanica e del biomedicale – ha spento le sue prime trenta candeline. Trent’anni anni che uno dei suoi fondatori, Paolo Moscatti (l’altro è Alberto Montagnini), racconta in un libro che non vuole, però, essere celebrativo, ma utile. “Vorrei far capire come la vita dell’imprenditore si intreccia con quella dei suoi familiari, dei soci, dei collaboratori e come a volte, sbagliando, l’imprenditore finisca per identificarsi con l’azienda fino a volerne condividere le sorti” – scrive in “La mia bussola. L’amicizia, la famiglia, l’impresa” (Editore Spirali) dialogando con la curatrice Anna Spadafora, brainworker e direttrice dell’associazione culturale Progetto Emilia Romagna.

Da cosa nasce l’idea di raccontare la sua storia aziendale e familiare?

“Non sono uno scrittore perciò ho sempre una certa difficoltà ad affrontare questo argomento. La scintilla è stata un altro libro, che mi fu regalato da Anna Spadafora che si intitolava ‘Qualcosa rimane sempre’ di Carlo Dessì che è stato anche un grande sportivo nel basket. Da qui è nata l’idea di poter lasciare un contributo. Ci sono diversi libri su biografie o autobiografie di imprenditori di grandi successo e fanno bene a farli perché per noi sono ispiratori. A mio avviso, però, mancava il racconto di qualcuno della piccola-media impresa, dove la vita dell’imprenditore è talmente legata alla sua creatura tanto da confondere le cose, anche se non sempre è bene. Per i piccoli imprenditori la propria azienda diventa quasi motivo di vita e in questa vita ci sono vittorie e sconfitte, sia a livello di impresa che umano. Mi interessava raccontare, con anche qualche sforzo perché parlare delle proprie sconfitte e debolezze non è semplice, una testimonianza nel momento del riscatto di come un’idea di una vita o azienda diversa possa nascere quasi improvvisamente e nel giro di mezz’ora puoi descrivere quello che sarà il futuro dei prossimi dieci anni”.

Che cosa bisogna valutare nel momento in cui si pensa di tirare i remi in barca e cosa fa la differenza sul fermarsi o andare avanti?

“Bisogna sforzarsi a guardare le cose dall’esterno, cercare di essere obiettivi e immaginarsi le strade del futuro. Associare ad ogni possibile scelta quello che ne potrà derivare in futuro. Gli elementi decisivi sono l’età e la possibilità di tramandare l’impresa, effettuando un passaggio generazionale. Io non voglio essere l’imprenditore che a 80 anni sia ancora lì a spiegare come bisogna fare le cose. Poi bisogna guardare anche dentro sé stessi perché se si decide di andare avanti o proseguire con un accompagnamento generazionale va trovata la voglia e la passione per fare questa cosa”.

Cosa pensa della collaborazione, sia interna che esterna all’azienda?

“E’ essenziale. Su quella all’interno c’è poco da dire, un clima collaborativo porta a buoni processi e ad un successo dell’impresa. Ciò che è ancora più importante è la collaborazione all’esterno dell’azienda. Si può collaborare con i propri competitori e le associazioni sono la massima espressione di questo perché ci sono tanti temi che è interesse di tutti risolverli. La competizione si basa su competenze, investimenti, nicchia di mercato, mentre su altri temi è molto meglio collaborare”.

Dove arrivano gli input per rinnovare in modo concreto?

“Arrivano dalle collaborazioni esterne e dai giovani ingegneri che sono in azienda, che mantengono vivo il rapporto con le università e poi con un network di competenze nazionali e internazionali attraverso le quali nascono nuove idee. In un’azienda di servizi la collaborazione con altri enti, come università oppure startup, è determinante la galaxy di relazione che vengono costruite intorno all’azienda perciò tanto spazio e fiducia ai giovani ingegneri”.
Che consiglio ti sentiresti di dare ad un giovane che si approccia a fare impresa? Dove deve puntare la bussola di un imprenditore oggi?

“Il consiglio che mi sento di dare è di fare attenzione al modello di business perché la maggior parte delle startup ha vita breve, nascono e muoiono con grande velocità. Bisogna ricordarsi che chi ci mette il denaro e fa l’investimento comanda. Se, come facemmo noi, vengono messi soldi propri bisogna confrontarsi con altri imprenditori e con chi ha più esperienza e può evidenziare problematiche che si possono incontrare. Fin dall’inizio serve una grande apertura di mente, senza chiudersi all’interno della propria idea e competenza. L’imprenditore è un uomo quindi la sua bussola avrà punti cardinali che sono le persone che ama e terrà conto di questo. Poi, invece, c’è il punto cardinale del successo che è la spinta per migliorare nell’interesse personale e sociale e anche questo può essere uno degli obiettivi del moderno imprenditore. Fare impresa di successo con grande attenzione alla sostenibilità e alla coesione sociale”.