Sidam viene fondata nel gennaio del 1991 nel cuore del distretto biomedicale di Mirandola da Graziano Azzolini, già esperto conoscitore del settore biotech, che intuisce la necessità dei centri ospedalieri di eccellenza a livello internazionale di avere a disposizione dispositivi medici monouso innovativi per svariati reparti ospedalieri: sale operatorie (drenaggi chirurgici post ospedalieri), cardiochirurgia (circuiti per circolazione extracorporea), ostetricia e ginecologia (prelievo istologico e interruzione di gravidanza); terapia intensiva: dispositivi per infusione di farmaci.
In una fase successiva Sidam intravede nella Radiologia (diagnostica per immagini) il settore che le permette di acquisire un’identità specifica: grazie ad un incontro di Graziano Azzolini con un noto primario radiologo e alla volontà di dare forma alle sue esigenze, Sidam si specializza nella sperimentazione e produzione di dispositivi per il trasferimento al paziente di mezzi di contrasto per CT, MR, ecografia e angiografia. Oggi Sidam è un’impresa che copre tutte le aree aziendali, dalle attività di marketing, di R&D, di produzione fino alla commercializzazione e alle attività post-vendita con lo scopo di garantire il massimo controllo sulla qualità di tutti i prodotti, avere una costante visione sulle esigenze del mercato, offrire al cliente innovazione e un servizio sempre più accurato.
Abbiamo intervistato Annalisa Azzolini, Amministratore Delegato di Sidam Group.
Qual è la storia di Sidam?
“E’ stata fondata dai miei genitori nel 1991, entrambi avevano già lavorato nel Distretto. Mio padre Graziano, nella sua esperienza lavorativa, si è sempre occupato di sviluppo di dispositivi e ha fatto anche un’esperienza commerciale in Miramed, ma il suo pallino è sempre stato quello della ricerca di opportunità e sviluppo di dispositivi medici innovativi, dedicati in particolare a nicchie di mercato. Nel ’91, grazie alla sua esperienza ha deciso di partire con una realtà che avesse la stessa filosofia dell’azienda che aveva venduto. Sidam è nata proprio con la volontà di andare a cercare nicchie di mercato, alcune delle quali si sono rivelate grandi opportunità, che avessero bisogno di dispositivi nati dall’ innovazione”.
Che ruolo ha avuto il rapporto con il Dott. Mario Veronesi, fondatore del Distretto Biomedicale Mirandolese?
“E’ stato un grandissimo esempio. Mio papà ha lavorato a stretto contatto con il Dott. Veronesi e ha seguito la sua filosofia e il suo modo di approcciare questa realtà. Negli ultimi dieci anni con il Dott. Veronesi avevamo anche instaurato un rapporto di collaborazione più frequente perché abbiamo approcciato il mondo della terapia intensiva, nuovo per noi ma non per lui, perciò ci siamo fatti supportare in alcune idee nella parte commerciale”.
Com’è stato il suo percorso di crescita all’interno dell’azienda?
“Io sono entrata nel ’99 con un ruolo commerciale e allora Sidam vendeva prevalentemente sul suolo nazionale anche se avevamo intravisto che nella linea dei dispositivi dedicati alla radiologia c’era la possibilità di allargarsi all’Europa e non solo. Quando sono entrata mi sono trovata un pacchetto di prodotti pronto e da lì siamo andati alla ricerca di clienti in Europa e in Canada. Negli anni, poi, abbiamo sviluppato rapporti consolidati sia per questa linea che per altre. L’opportunità di cambiare ruolo mi è stata data dai nuovi soci che sono entrati nel 2015, anno in cui la mia famiglia ha deciso di cedere le quote, per dare continuità e non stravolgere in maniera importante una realtà molto piccola e legata ad un approccio familiare. Il passaggio all’ azienda milanese Synopo S.p.A. in questo modo è stato graduale e indolore”.
Carlo Bonomi, presidente della Synopo e delle aziende manifatturiere controllate, Sidam e BTC Medical Europe, è diventato da poche settimane presidente di Confindustria. Cosa rappresenta per Sidam e per le piccole-medie imprese questa notizia?
“Vedremo nei prossimi mesi, ma credo rappresenti una grandissima opportunità. Le piccole-medio imprese hanno un ruolo importante a livello nazionale e contano tantissimo nel nostro territorio e nel distretto biomecale, nonostante siano presenti anche multinazionali che danno un grande supporto naturalmente. Il giusto mix tra pmi e multinazionali penso sia importante, una carta vincente”.
E’ cambiato qualcosa nel vostro lavoro in azienda con l’emergenza Covid? Ci potranno essere anche dei risvolti positivi che emergeranno da questo tsunami?
“E’ cambiata l’organizzazione della quotidianità, soprattutto la movimentazione del personale. Noi non abbiamo perso nemmeno un giorno di lavoro, abbiamo un dispositivo che è servito nell’emergenza Covid e questo ha fatto da stimolo e un po’ tutti i prodotti hanno visto aumentare la richiesta sul mercato. Il personale dell’ufficio ha accettato di lavorare in smart working, quello della produzione ovviamente non lo può fare, ma abbiamo dato delle regole da rispettare per evitare i contagi. Sicuramente, abbiamo visto che si può cambiare anche il modo di lavorare, ma i risultati arrivano lo stesso. Il fatto di riuscire a vedere la quotidianità in modo differente non è una novità per noi della Bassa modenese, lo avevamo già vissuto otto anni fa con il sisma del 2012. Il modo di approcciare alla realtà può essere diverso, ma non è detto che il risultato sia peggiore, anzi”.
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