Il professor Lippi, che è anche direttore del Laboratorio analisi dell’azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona e a capo di una task force della Federazione internazionale di Chimica clinica e medicina di laboratorio (Ifcc) sulla patologia da coronavirus Sars-CoV-2, è risultato primo con 95 studi pubblicati sulla malattia.

 

Il sito web “Univr Magazine” ha commentato con lui questo prestigioso risultato e fatto il punto sugli studi su cui si sta concentrando in questo momento.

 

Su quali criteri si basa il database Scopus per indicare gli scienziati più prolifici?

Scopus è un database che raccoglie pubblicazioni scientifiche e computa indici bibliometrici riguardanti ricerca di base ed applicata. Il database comprende oggi articoli pubblicati in oltre 16000 riviste scientifiche, sottoposti a procedura di revisione tra pari (peer-review) prima della pubblicazione. È la principale banca dati utilizzata dal Ministero per la valutazione della ricerca scientifica. I criteri utilizzati da Scopus per generare le statistiche si basano sulla ricerca in ambiti (“titolo”, “abstract”, “testo”, “rivista”, “autori”, etc), utilizzando delle parole chiave specifiche. L’esito della ricerca genera una lista di pubblicazioni o autori oggettiva e scientificamente rigorosa per ogni chiave di ricerca utilizzata.

 

Al di là dei vaccini in arrivo, quali sono le terapie che attualmente funzionano contro il Covid?
Covid-19 è una patologia a decorso progressivamente ingravescente, caratterizzato dall’evoluzione in diverse fasi. Ad uno stadio pre-sintomatico post-contagio (che solitamente dura da 2 a 5 giorni), fa seguito un’estesa colonizzazione delle alte vie respiratorie (naso ed orofaringe), il coinvolgimento polmonare (la comparsa di polmonite interstiziale bilaterale rappresenta l’aspetto più paradigmatico), cui può far seguito una diffusione sistemica (caratterizzata da uno stato pro-infiammatorio diffuso), con evoluzione verso uno stato pro-trombotico accompagnato da disfunzione multiorgano nei casi più gravi. La mortalità attuale in Italia, secondo le stime aggiornate della John Hopkins University, è pari al 3.5%. Alla luce di questa complessità patogenetica, non esiste una singola cura per Covid-19. I diversi presidi che hanno dimostrato efficacia (ossigeno terapia, farmaci antivirali, anticorpi monoclonali o “plasma iperimmune”, anti-infiammatori ed anticoagulanti) sono utilizzati in relazione allo stadio clinico e alla severità della malattia. Covid-19 rappresenta in questo senso un paradigma in ambito di medicina personalizzata e di precisione.

Su quali studi si sta concentrando in questo momento?

Una diagnosi rapida ed accurata di Covid-19 è essenziale per limitare o contenere il contagio (identificando ed isolando i positivi al virus) e per iniziare precocemente il trattamento. In quest’ottica sono state istituite due Task Force, che ho l’onore ed onere di coordinare, una nazionale (Gruppo Operativo su Covid-19 della Società italiana di Biochimica clinica e Biologia molecolare clinica; SIBioC) ed una internazionale (Task Force on Covid-19 of the International Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine; IFCC), il cui fine è sviluppare, validare, armonizzare e governare le tecniche di laboratorio utili allo screening, diagnosi, valutazione prognostica e monitoraggio terapeutico di Covid-19. Per quanto concerne invece gli studi che stiamo compiendo a Verona, abbiamo in essere un’ampia serie di collaborazioni nazionali ed internazionali, volte a caratterizzare i meccanismi biologici che definiscono la progressione della patologia e validare le nuove tecniche di laboratorio utili alla diagnosi e al monitoraggio della risposta anticorpale post-vaccinale.